TRE MOTIVI DIRIMENTI PER CONSIDERARE IMPROPONIBILE UNA CANDIDATURA

ALL’IGNOTO AUTORE DELLE “DIECI RAGIONI” PER PROPORRE LA MIA ELEZIONE AL QUIRINALE RISPONDO RINGRAZIANDOLO, MA INDICANDO I TRE REQUISITI ESSENZIALI CHE MI MANCANO PER ESSERE REALISTICAMENTE CANDIDABILE

Post pubblicato sul sito EleMentiLiberali, gennaio 2015, preceduto da una mia replica 

Non so chi sia l’autore di questo scritto: chiunque ella/egli sia, la/lo ringrazio vivamente per l’attenzione e la fiducia nei miei confronti. Avverto però che mi mancano almeno tre requisiti essenziali per poter essere candidato a Presidente della Repubblica. 1) Il Capo dello Stato deve essere conosciuto dai principali interlocutori stranieri per la sua affidabilità personale e per le sue idee e linee d’azione sul terreno dell’integrazione europea e della cooperazione internazionale; oltr’Alpe e oltre Atlantico io sono invece conosciuto soltanto nella piccola comunità dei giuslavoristi e solo per i miei contributi sul terreno del diritto del lavoro e delle relazioni industriali. 2) Il Capo dello Stato deve avere una conoscenza diretta e profonda della macchina pubblica e del gioco politico nazionale, che è data dall’aver presieduto il Governo nazionale o uno dei due rami del Parlamento, oppure almeno un dicastero di primaria importanza; io non ho mai avuto questa ventura. 3) Nei molti anni di mio servizio civile in Parlamento mi sono convinto che un requisito importante del buon politico è una forte ambizione, una forte aspirazione personale (condita con un po’ di cattiveria) ad assumere la carica pubblica, la responsabilità della guida; le mie intime ambizioni si collocano invece prevalentemente sul terreno intellettuale ed esistenziale: la prospettiva della chiamata a una funzione pubblica (è accaduto più volte per la carica di ministro del Lavoro) è per me fonte di preoccupazione per la difficoltà del compito più che motivo di soddisfazione personale. Per concludere, il difetto di questi tre requisiti rende improponibile, irrealistica la mia candidatura al vertice dello Stato. Tuttavia ciascuna delle dieci ragioni in senso opposto addotte dall’ignoto estensore dello scritto che segue ha costituito per me un motivo di gratificazione e di divertimento, che vorrei condividere con le molte migliaia di persone che si sono iscritte alla mailinglist di questo sito e che lo visitano ogni giorno. (p.i.) 

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10 ragioni per #IchinoPresidente

Ichino Presidente

Nel processo di faticosa autocritica che il nostro Paese si trova a vivere, tutti i viluppi sembrano raccogliersi attorno al fondamento della Repubblica scelto dai nostri Padri Costituenti. Un fondamento mal compreso, mal interpretato, strumentalizzato, ideologizzato, che porta ancora molti a non ritenere degna di considerazione l’operosità di chi investe il frutto di altra operosità. Il lavoro.

Giusto sulle politiche del lavoro e sulle relazioni sindacali si sta in gran parte consumando, nel bene e nel male, la transizione dalla Seconda Repubblica a qualcosa d’altro (la Terza ci sembra più che altro un’occasione irrimediabilmente persa). Naturale che sulla riscrittura di questo concetto si debba basare anche il futuro del nostro Paese.

Il senatore Pietro Ichino è anzitutto noto per essere un competente ed illuminato giuslavorista. Ma prima di questo è un servitore esemplareun uomo che ha sempre precorso i tempi. Un uomo di sinistra capace di chiudere i conti col passato di una certa sinistra e, per questo, paradossalmente più in grado di altri di liberare l’Italia dalle catene di ideologie vecchie e stantie e di dare al fondamento della Repubblica una lettura diversa, nuova e moderna. In dieci punti, vediamo il perché di una candidatura.

1) Perché è un vero civil servant

Se è vero che le istituzioni contano più degli uomini, è vero altresì che per farle contare ci vogliono certi uomini. Pietro Ichino ha sempre tenuto una condotta specchiata nella vita pubblica. Sul proprio sito Internet cura una rubrica costantemente aggiornata sulla sua attività parlamentare ed una sezione dedicata alla rendicontazione dell’impiego delle risorse di cui viene dotato.
Dal marzo 2002 vive sotto scorta. Era fra i primi obiettivi delle Nuove BR sgominate nel 2007 dalla Digos di Milano e Padova.

2) Perché le cose, anche le più risolute, se dette con garbo sono molto più persuasive

È noto per il suo garbo e il suo stile proverbiali, qualità che ne rivelano l’equilibrio e la moderazione, doti essenziali per un Presidente della Repubblica che deve fungere da efficace pouvoir intermédiare, ossia un potere capace di intermediare tutti gli altri al fine di contemperarli.

3) Perché agli albori della Seconda Repubblica si batteva in Europa contro il monopolio pubblico dell’intermediazione del lavoro

Tra il 1994 e il 1997 ha promosso e seguito il procedimento davanti alla Corte di Giustizia delle Comunità Europee, conclusosi con la sentenza cosiddetta “Job Centre II” (11 dicembre 1997), che ha determinato la fine del monopolio statale dei servizi di collocamento, in Italia come in numerosi altri Paesi europei.

4) Perché non ha paura di chiamare le cose con il loro nome

Nel 2006 ha dato alle stampe “I nullafacenti. Perché e come reagire alla più grave ingiustizia della nostra amministrazione pubblica” (Milano, Mondadori, 2006) ricevendo nel 2007 il “Premio Ezio Tarantelli” dal Club dell’Economia e il “Premio Ape” dall’Associazione per il Progresso Economico, per la migliore idea economica dell’anno. Un libro che non è piaciuto molto a sinistra.
Il primo punto del suo programma elettorale è intitolato “Per ridare orgoglio e prestigio alle amministrazioni pubbliche: trasparenza totale, valutazione e incentivi giusti”. Tre principi su cui rifondare l’intero Paese.

5) Perché è un politico prima che un tecnico

Pietro Ichino è un preparato e competente giuslavorista, professore ordinario all’Università Statale di Milano, autore di numerosissimi studi e ricerche. Ma oggi è prima di tutto un politico, capace di quella politica (onesta, ragionata, equilibrata) che si richiede ad un Presidente della Repubblica.
Un politico capace, per usare le parole dell’onorevole Meuccio Ruini in seno all’Assemblea Costituente, di essere “il grande consigliere, il magistrato di persuasione e di influenza, il coordinatore di attività, il capo spirituale, più ancora che temporale, della Repubblica”.

6) Perché ha le caratteristiche per dialogare con tutti, senza barriere ideologiche

Durante gli anni del ginnasio e del liceo è stato molto attivo nella Gioventù di Azione Cattolica, per diventare poco dopo un giovane dirigente sindacale.
E’ stato tra i fondatori del PD, ma piace anche agli elettori di destra e di centro.
Nell’aprile 2008 Berlusconi gli chiese di diventare Ministro del Lavoro dell’allora nascente Governo.

7) Perché è un vero liberal-democratico e un vero riformista

Nel corso della manifestazione svoltasi a Milano il 12 aprile 2014 per l’inaugurazione della campagna elettorale di Scelta Civica in vista delle elezioni europee del 25 maggio tenne un discorso esemplare sull’inconcludenza della politica italiana dal titolo “Il comun denominatore liberal-democratico che manca alla destra e alla sinistra”, un programma per il futuro della Repubblica.

8) Perché è europeista e federalista

È sempre stato un europeista convinto, comprendendo bene come il progetto di società allargata sotteso all’Unione Europea sia in realtà un progetto di prosperità. In questo contesto, ha sempre auspicato la nascita di un’Europa federale “ispirata ai principi del liberalismo europeo, impegnata a coltivare e rinnovare i valori della cultura storica del Continente”.

9) Perché è senza ambiguità contro i privilegi e contro gli alibi facili di certa politica

È sempre stato contro i privilegi di qualsiasi genere, nei trattamenti pensionistici come negli apparati della Pubblica Amministrazione. E ha sempre rifiutato la facile demagogia di una certa politica che per giustificare i fallimenti di un ventennio ha dato la colpa all’Europa.

10) Perché ha statura morale ed intellettuale tale da non far rimpiangere le migliori figure dell’Italia repubblicana, da Einaudi a Ciampi

Se leggete i suoi numerosi interventi in materia di libertà, lavoro, merito, uguaglianza dei punti di partenza e poi leggete la citazione da lui stesso riportata sul proprio sito di un passo famoso del libro “Prediche inutili” di Luigi Einaudi, quello sulle somiglianze e dissomiglianze fra liberalismo e socialismo, alla fine del brano avrete il piacevole dubbio di aver letto un altro suo post.

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