RELAZIONE ALLA COMMISSIONE LAVORO SUL DECRETO PER LE AMMINISTRAZIONI PUBBLICHE

PERPLESSITÀ SULLE NUOVE DISPOSIZIONI CHE RIDUCONO L’ETÀ DEL PENSIONAMENTO NEL SETTORE PUBBLICO RISPETTO A QUELLO PRIVATO E AI CRITERI GENERALI DELLA RIFORMA DEL DICEMBRE 2011

Relazione svolta il 2 agosto 2014 alla Commissione Lavoro sugli aspetti previdenziali del disegno di legge n. 1582/2014 di conversione del decreto-legge 24 giugno 2014 n. 90, recante misure urgenti per la semplificazione e la trasparenza amministrativa e per l’efficienza degli uffici giudiziari – La relazione si riferisce alle sole parti del provvedimento rientranti nella competenza della Commissione Lavoro (essendo la materia dell’impiego pubblico, al Senato, di competenza della Commissione Affari costituzionali) – In argomento v. anche  l’articolo di Gianpiero Dalla Zuanna e mio su Europa del giorno precedente  .

Relazione A.S. 1582
disegno di legge di conversione del D.L. n. 90 del 2014
nel testo approvato dalla Camera dei deputati

 Il decreto-legge 24 giugno 2014 n. 90 – il cui disegno di legge di conversione è stato approvato, con numerose e rilevanti modifiche, dalla Camera dei Deputati in prima lettura – pur avendo per oggetto la disciplina del funzionamento delle amministrazioni pubbliche, cioè materia di competenza della Commissione Affari costituzionali, contiene norme in materia previdenziale e pertanto di interesse della nostra Commissione, che su di esse è chiamata a esprimere il proprio parere.

L’articolo 1 reca “disposizioni per il ricambio generazionale nelle pubbliche amministrazioni”. Va preliminarmente osservato in proposito come la ragion d’essere di queste disposizioni non possa essere individuata in una generica necessità di riduzione della spesa pubblica relativa alle posizioni di lavoro occupate da lavoratori anziani, per il reperimento dei fondi necessari per l’assunzione di altrettanti giovani: per ogni stipendio che cessa, infatti, si attiva una pensione che, essendo calcolata secondo il criterio retributivo in riferimento a posizioni caratterizzate dall’acquisizione del numero più elevato di scatti di retribuzione, sarà di entità non molto inferiore allo stipendio stesso. La ratio delle disposizioni in esame va invece individuata nell’esigenza di consentire alle amministrazioni, laddove se ne presenti l’opportunità, di sostituire dipendenti dei quali si ravvisi una difficile o impossibile riqualificazione in relazione alle nuove tecnologie necessarie per il migliore funzionamento degli uffici.

Questa osservazione assume particolare rilievo in riferimento alla specifica situazione degli uffici giudiziari, dove l’esigenza menzionata si manifesta in modo molto diverso a seconda delle funzioni e mansioni specifiche. Per questi uffici il comma 3 dispone un differimento al 31 dicembre 2015 dei trattenimenti in servizio secondo la disciplina vigente: a questo proposito, il ritardo della costituzione del nuovo CSM, i tempi di espletamento dei concorsi per la copertura dei posti dirigenziali che resteranno vacanti a seguito del pensionamento dei magistrati titolari, nonché i tempi di formazione specifica dei magistrati destinati a sostituirli, induce a considerare attentamente l’opportunità di un differimento almeno di un anno ulteriore rispetto alla data anzidetta, in aggiunta o in alternativa all’introduzione di un meccanismo di opportuna gradualità nell’applicazione della disposizione.

Un interesse particolare riveste, per la competenza della nostra Commissione, il comma 6-bis – inserito dalla Camera – volto a modificare la norma che esclude alcune fattispecie dall’àmbito di applicazione delle riduzioni percentuali dei trattamenti pensionistici, riduzioni previste dall’art. 24, comma 10, del D.L. 6 dicembre 2011, n. 201, convertito, con modificazioni, dalla L. 22 dicembre 2011, n. 214. La disciplina oggi vigente esclude dall’applicazione delle suddette riduzioni percentuali i trattamenti liquidati in favore di soggetti che maturino il previsto requisito di anzianità contributiva (attualmente pari a 42 anni e 6 mesi per gli uomini e 41 anni e 6 mesi per le donne) entro il 31 dicembre 2017, qualora, ai fini del possesso del medesimo requisito, sia sufficiente l’anzianità contributiva derivante da: prestazione effettiva di lavoro; periodi di astensione obbligatoria per maternità, assolvimento degli obblighi di leva, infortunio o malattia; periodi di cassa integrazione guadagni ordinaria; astensione dal lavoro per la donazione di sangue e di emocomponenti; congedi parentali di maternità e paternità; congedi e permessi con riferimento a persone con handicap in situazione di gravità. La novella di cui al comma 6-bis qui in esame sopprime le condizioni relative ai rapporti e alle fattispecie sottostanti alla contribuzione, richiedendo soltanto che il suddetto requisito di anzianità contributiva sia maturato entro il 31 dicembre 2017. Andrà discussa la congruenza tra questa misura e le esigenze di semplificazione e incremento dell’efficienza degli uffici pubblici, costituenti la ragion d’essere fondamentale del decreto-legge.

L’articolo 1-bis – inserito dalla Camera in sede di prima lettura – contiene disposizioni “per il ricambio generazionale nel comparto della scuola”. La norma essenzialmente prevede la definizione di un contingente, nell’ambito del personale della scuola e nel limite massimo di 4.000 soggetti rimasti esclusi dalla prima “salvaguardia” in ragione dell’impossibilità di dimettersi prima della fine dell’anno accademico 2011-2012, cui sarebbe applicabile la disciplina dei requisiti per la pensione di vecchiaia e la pensione di anzianità – ivi compreso l’istituto delle “finestre” (cioè, dei termini dilatori di decorrenza del trattamento) previgente rispetto all’art.24 del decreto-legge n. 201/2011. Qui occorre verificare attentamente la coerenza tra questa disposizione con la ratio sopra evidenziata dell’articolo 1, nonché – e soprattutto – con l’impianto della riforma stessa del 2011. Va rilevato, in proposito, che le persone interessate non possono in alcun modo essere ricomprese nella categoria dei cosiddetti “esodati”, dal momento che il loro rapporto di lavoro non è cessato ed esse hanno continuato a percepire regolarmente il proprio stipendio. D’altra parte, se la ratio della riforma del 2011 è quella di aumentare il tasso di occupazione nella fascia tra i 55 e i 65 anni (oggi patologicamente basso, in larga misura proprio a causa del sistema previdenziale previgente), non può evidentemente essere considerato né come un’ingiustizia né come un evento negativo dal punto di vista economico-sociale il fatto che i 4000 insegnanti interessati da questa disposizione proseguano la loro attività fino ai 65 o ai 66 anni.
Un discorso diverso, e assai meno problematico, è quello che riguarda il comma 4 dell’articolo 1-bis, che dà la possibilità ad alcune lavoratrici del comparto scuola, le quali avevano chiesto il pensionamento anticipato optando per il sistema contributivo (la cosiddetta “opzione donna” della riforma Maroni del 2004), di chiedere il ricalcolo secondo il sistema retributivo. Anche se riguarda una platea molto limitata di persone, si tratta di una norma a mio avviso irragionevole, tecnicamente problematica (richiedendo il ricalcolo di pensioni gia liquidate e in fase di godimento) e che rischia di dare la stura a un contenzioso notevole.

L’articolo 1-ter – inserito dalla Camera in sede di prima letturaconcerne i trattamenti pensionistici di vecchiaia anticipati per i giornalisti dipendenti da aziende in ristrutturazione o riorganizzazione per crisi aziendale. Va osservato in proposito che il trattamento può riguardare i giornalisti professionisti iscritti all’INPGI, dipendenti dalle imprese editrici di giornali quotidiani, di giornali periodici e di agenzie di stampa a diffusione nazionale, limitatamente al numero di unità ammesso dal Ministero del lavoro e delle politiche sociali, di concerto con il Ministero dell’economia e delle finanze, in base ad accordi recepiti presso il medesimo Ministero del lavoro e delle politiche sociali, sulla base delle risorse finanziarie disponibili e per i soli casi di ristrutturazione o riorganizzazione in presenza di crisi aziendale già in atto. In questi casi la pensione può essere liquidata ai soggetti che abbiano almeno 58 anni di età e 18 anni di anzianità contributiva [1]. Di questa disposizione dovrà essere esaminata attentamente non soltanto la pertinenza rispetto alla materia principale del decreto, ma anche e soprattutto la coerenza rispetto all’impianto generale del sistema pensionistico.
Il comma 1 dell’articolo 1-ter incrementa, nei termini indicati nel primo periodo, la misura del sostegno finanziario statale per tali trattamenti, attualmente pari a 20 milioni di euro annui[2]. Qualora i datori di lavoro presentino piani comportanti – con riferimento al trattamento qui in esame – effetti finanziari complessivi superiori ai valori riformulati dalla novella di cui al terzo periodo dello stesso comma 1, la norma confermata dal secondo periodo prevede che con decreto del ministro del Lavoro e delle Politiche sociali, di concerto con il ministro dell’Economia e delle Finanze, sia introdotto, su proposta delle organizzazioni sindacali datoriali ed a carico dei datori di lavoro del settore, uno specifico contributo aggiuntivo, da versare all’INPGI, per il finanziamento dell’onere eccedente.
Il comma 2 dell’articolo 1-ter prevede, per i trattamenti di vecchiaia anticipati finanziati a norma dello stesso articolo, e con esclusivo riferimento agli accordi che contemplino un numero di pensionamenti anticipati superiore a cinque, che il riconoscimento degli stessi trattamenti sia subordinato all’avvenuta presentazione al ministero del Lavoro e delle Politiche sociali, in data anteriore all’entrata in vigore del decreto-legge in esame, di un piano di ristrutturazione o riorganizzazione aziendale che comprenda – anche mediante successiva integrazione del piano già presentato – la contestuale assunzione di personale giornalistico, in possesso di competenze professionali coerenti con l’attuazione dei programmi di rilancio e sviluppo aziendale, nel rapporto minimo di un’assunzione a tempo indeterminato ogni tre pensionamenti anticipati.
Il comma 3 dell’articolo 1-ter prevede che l’instaurazione di rapporti di lavoro dipendente, oppure in forma di collaborazione coordinata e continuativa o autonoma, o la sottoscrizione di contratti per la cessione del diritto d’autore con i giornalisti che abbiano optato per i trattamenti di vecchiaia anticipati, finanziati a norma dello stesso articolo, comportino la revoca del finanziamento concesso, nei casi in cui il rapporto riguardi il medesimo gruppo editoriale interessato dall’intervento in oggetto. Qui va rilevata la necessità che venga chiarito il riferimento alla revoca del finanziamento, in quanto quest’ultimo, in via generale, concerne l’INPGI e non il gruppo editoriale; e che venga esplicitato se l’ultima parte del comma 3 – la quale fa menzione soltanto del “rapporto di lavoro” – intenda riguardare anche l’ipotesi summenzionata di contratto di cessione del diritto d’autore.

L’articolo 12, nel disporre alcune norme in materia di attività di volontariato, materia di competenza della Commissione affari costituzionali, presente tuttavia alcuni profili di interesse in materia di competenza della Commissione lavoro.
In primo luogo, si istituisce, in via sperimentale, per il biennio 2014-2015, presso il ministero del Lavoro e delle Politiche sociali, un Fondo destinato a coprire l’onere relativo all’obbligo assicurativo contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali, con riferimento: 1) ai soggetti beneficiari di ammortizzatori sociali o di altre forme di integrazione e sostegno del reddito (previste dalla normativa vigente), coinvolti in attività di volontariato, a fini di utilità sociale, in favore di comuni o altri enti locali, mediante versamento delle corrispondenti somme dal Fondo all’INAIL (comma 1); 2) agli aderenti alle organizzazioni di volontariato le quali esercitino attività di utilità sociale nei territori montani e siano già costituite alla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto, mediante versamento delle corrispondenti somme dal Fondo all’organizzazione, in base al comma 1-bis, inserito dalla Camera[3]. Le risorse destinate a quest’ultima finalità non possono essere superiori a 100.000 euro per ciascuno degli anni 2014 e 2015.
La dotazione del Fondo è pari a 5 milioni di euro per ciascuno degli anni 2014 e 2015 (comma 2). Alla copertura del conseguente onere finanziario, si provvede mediante corrispondente riduzione del Fondo sociale per occupazione e formazione.
Al fine di promuovere la prestazione di attività di volontariato da parte dei soggetti beneficiari di ammortizzatori e degli altri trattamenti summenzionati, i comuni e gli altri enti locali interessati promuovono le opportune iniziative informative, intese a rendere noti i progetti di utilità sociale in corso con le associazioni di volontariato (comma 3). L’INPS, su richiesta dell’ente locale, verifica la sussistenza della titolarità del trattamento suddetto.
Si demanda, inoltre, a un decreto del ministro del Lavoro e delle Politiche sociali la definizione di criteri e modalità per la valorizzazione, mediante la certificazione dei crediti formativi, dell’attività di volontariato in oggetto, prestata dai soggetti titolari dei trattamenti summenzionati (comma 4).

L’articolo 25 reca norme in materia di invalidità, alcune delle quali rilevanti per le materie di interesse della nostra Commissione.
Il comma 4 concerne le procedure per l’accertamento delle invalidità da parte delle commissioni mediche costituite presso le aziende sanitarie locali. Con le novelle: si riduce da 90 a 45 giorni il termine (decorrente dalla data di presentazione della domanda) oltre il quale – in assenza della pronuncia della commissione – l’accertamento è effettuato, in via provvisoria e con efficacia limitata ad alcuni istituti, da un medico specialista nella patologia denunciata – ovvero, come specificato da una novella inserita dalla Camera, da medici specialisti nelle patologie denunciate -, in servizio presso l’azienda sanitaria locale da cui è assistito l’interessato (lettera a)); si ampliano gli effetti di tale accertamento provvisorio, prevedendo che esso rilevi – oltre che per le agevolazioni lavorative stabilite, con riferimento ai soggetti con handicap in situazione di gravità, dall’art. 33 della L. 5 febbraio 1992, n. 104, e successive modificazioni – anche ai fini dell’applicazione delle norme sull’assegnazione di sede (nell’àmbito delle amministrazioni pubbliche) e sulle domande di trasferimento, di cui all’art. 21 della citata L. n. 104 del 1992, nonché delle norme sui riposi, i permessi ed i congedi per l’assistenza a soggetti con handicap in situazione di gravità, di cui all’art. 42 del testo unico delle disposizioni legislative in materia di tutela e sostegno della maternità e della paternità, di cui al D.Lgs. 26 marzo 2001, n. 151, e successive modificazioni (lettera a) citata); si riduce da 180 a 90 giorni il termine (decorrente dalla data di presentazione della domanda in oggetto) entro cui deve pronunziarsi la commissione medica (lettera b)); si prevede che, ai fini dell’applicazione dei medesimi istituti per i quali può rilevare il suddetto accertamento provvisorio, la commissione medica, sia autorizzata a rilasciare, al termine della visita, un certificato provvisorio, il quale produce effetto fino all’emissione dell’accertamento definitivo da parte della commissione medica dell’INPS (lettera c)).
Il comma 5 prevede, al compimento del diciottesimo anno di età, il riconoscimento provvisorio, per i minori già titolari di indennità di frequenza[4], delle prestazioni erogabili agli invalidi maggiorenni, purché la domanda relativa a queste ultime sia stata presentata entro i sei mesi antecedenti il compimento della maggiore età. Rimane fermo l’accertamento delle condizioni sanitarie e degli altri requisiti posti dalla normativa di settore.
Il comma 6 concerne, invece, i minori titolari delle altre prestazioni assistenziali ivi menzionate e quelli riconosciuti affetti dalle menomazioni o patologie stabilizzate o ingravescenti, per i quali si prevede che siano attribuiti, al compimento della maggiore età, i trattamenti economici erogabili agli invalidi maggiorenni, senza ulteriori accertamenti sanitari, ferma restando la sussistenza degli altri requisiti posti dalla normativa di settore.
I commi da 5-bis a 5-quinquies – inseriti dalla Camera – riguardano i soggetti che abbiano subìto un’invalidità permanente in conseguenza di “atti di terrorismo e delle stragi di tale matrice”[5].
Il comma 5-bis prevede, in via transitoria, un beneficio nei criteri di calcolo del trattamento pensionistico, anche in favore dei superstiti, e del trattamento di fine rapporto, comunque denominato, per i dipendenti privati che abbiano subìto  un’invalidità permanente (di qualsiasi entità e grado) in conseguenza degli eventi in oggetto. Tale beneficio – consistente nell’attribuzione di un incremento percentuale pari alla differenza (in termini percentuali) tra la retribuzione del soggetto (all’atto del pensionamento) e quella contrattuale immediatamente superiore – è concesso in via transitoria, per le domande già presentate entro il 30 novembre 2007, in luogo del vigente beneficio[6], consistente nell’applicazione di una maggiorazione di 7,5 punti percentuali, e sempre che sia più favorevole rispetto a quest’ultimo.
Il comma 5-ter riguarda l’ambito di applicazione della norma che concede ai soggetti che abbiano subìto un’invalidità permanente (di qualsiasi entità e grado) della capacità lavorativa, causata dagli eventi in oggetto, ed ai loro familiari, limitatamente al coniuge ed ai figli, anche maggiorenni, e, in mancanza di essi, ai genitori, un aumento figurativo di dieci anni di versamenti contributivi, utili ad aumentare l’anzianità pensionistica maturata, la misura della pensione (anche diretta), nonché il trattamento di fine rapporto, comunque denominato. La novella specifica che il benefìcio spetta al coniuge ed ai figli dell’invalido, anche se il matrimonio è stato contratto o i figli siano nati successivamente all’evento terroristico – ad esclusione dell’ipotesi in cui il beneficio sia stato già riconosciuto ai genitori [7].
Il comma 5-quater concerne l’ambito di applicazione della norma che attribuisce in favore dei soggetti che abbiano subìto un’invalidità permanente pari o superiore all’80 per cento della capacità lavorativa, causata dagli eventi in oggetto, il diritto immediato alla pensione diretta, in misura pari all’ultima retribuzione percepita integralmente dall’avente diritto (e fermi restando gli altri criteri di calcolo specifici di cui alla L. 3 agosto 2004, n. 206)[8]. La novella specifica che il benefìcio spetta anche qualora la posizione assicurativa obbligatoria (inerente al rapporto di lavoro dell’invalido) sia stata aperta successivamente all’evento terroristico e che in nessun caso sono opponibili termini o altre limitazioni temporali.
Il comma 6-bis – inserito dalla Camera – prevede che, nelle more dell’effettuazione delle eventuali visite di revisione e del relativo iter di verifica, i minorati civili e le persone con handicap, in possesso di verbali in cui sia prevista rivedibilità conservino i diritti acquisiti in materia di benefìci, prestazioni ed agevolazioni di qualsiasi natura e che la convocazione a visita, nei casi di verbali per i quali sia prevista la rivedibilità, sia di competenza dell’INPS.
Le novelle di cui ai commi 7 e 8 ampliano il principio di esclusione dalle visite di controllo sulla permanenza dello stato invalidante a tutti i soggetti per i quali sia già stata accertata, da parte degli uffici competenti, una menomazione o una patologia stabilizzata o ingravescente, sopprimendo la condizione che tale accertamento abbia dato luogo al riconoscimento dell’indennità di accompagnamento o di comunicazione.
Il comma 9 prevede che la persona affetta da invalidità pari o superiore all’80% non sia tenuta a sostenere la prova preselettiva, eventualmente inserita nei concorsi pubblici e negli esami di abilitazione alla professione.
La novella di cui al comma 9-bis – introdotto dalla Camera – è intesa a confermare che i disabili, i quali abbiano conseguito le idoneità nei concorsi pubblici, possono essere assunti, ai fini dell’adempimento degli obblighi sul collocamento obbligatorio dei disabili, anche oltre il limite dei posti ad essi riservati nel concorso.

Va infine valutata l’opportunità che venga inserita in questo decreto la disposizione oggetto del disegno di legge A.S. 772/2014, mirata – mediante l’interpretazione autentica dell’ordinanza ministeriale n. 217/1998 – a riparare l’ingiusta penalizzazione subita da un gruppo di docenti dipendenti dall’amministrazione scolastica, che ebbero ad accettare il trasferimento alle dipendenze dell’Inps, subendo per un mero disguido amministrativo una indebita penalizzazione retributiva, con forte e ingiusta sperequazione rispetto ai colleghi appartenenti alla stessa categoria rimasti alle dipendenze del ministero dell’Istruzione. L’opportunità di questa integrazione del decreto si segnala soprattutto in considerazione della valenza pesantemente negativa che questa vicenda può altrimenti assumere come disincentivo alla mobilità dei dipendenti nel settore pubblico.

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[1] Riguardo ai criteri di calcolo del trattamento, cfr. il citato art. 37 della L. n. 416/1981, e successive modificazioni.

[2] Oltre alle norme richiamate e novellate dal presente comma 1, cfr. anche il comma 1-bis del citato art. 37 della L. n. 416 del 1981, e successive modificazioni.

[3] Le disposizioni in oggetto richiamano l’art. 4 della L. 11 agosto 1991, n. 266, che concerne l’assicurazione dei soli aderenti ad organizzazioni di volontariato. Queste ultime hanno l’obbligo di assicurare i propri aderenti contro gli infortuni e le malattie connessi allo svolgimento dell’attività di volontariato, nonché per la responsabilità civile verso i terzi.

[4] La frequenza è relativa a centri ambulatoriali, anche di tipo semi-residenziale, pubblici o privati, purché operanti in regime convenzionale, specializzati nel trattamento terapeutico e nella riabilitazione e recupero di persone portatrici di handicap, o a scuole, pubbliche o private, legalmente riconosciute (di ogni ordine e grado a partire dagli asili nido), o a centri di formazione o addestramento professionale, pubblici o privati, purché convenzionati, intesi al reinserimento sociale.

[5] Riguardo all’àmbito di tali nozioni, cfr. l’art. 1 della L. 3 agosto 2004, n. 206, e successive modificazioni.

[6] Si ricorda che quest’ultimo non riguarda soltanto i lavoratori dipendenti privati.

[7] Si ricorda che la pensione oggetto del beneficio in esame è esente dall’IRPEF, in base all’art. 3, comma 2, della L. n. 206 del 2004.

[8] Si ricorda che la pensione oggetto del beneficio in esame è esente dall’IRPEF, in base all’art. 4, comma 4, della L. n. 206 del 2004.

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