SE IL PD RINNEGA GLI IMPEGNI (E NON SI FIDA DEL PROPRIO GOVERNO)

SAREBBE GRAVE E SORPRENDENTE CHE IL PARTITO CUI APPARTENGONO IL PREMIER E IL MINISTRO DEL LAVORO RINNEGASSE L’ACCORDO RAGGIUNTO TRA GOVERNO E MAGGIORANZA IN OCCASIONE DELLA DISCUSSIONE DEL DECRETO POLETTI SUI CONTRATTI A TERMINE

Dichiarazione rilasciata all’Agenzia di stampa Adn-Kronos il 27 giugno 2014 .

L’emendamento che ho presentato oggi all’articolo 4 del disegno di legge-delega sul lavoro, insieme ai rappresentanti del NCD, SVP e Popolari, avrebbe dovuto essere fatto proprio pacificamente anche dal PD, dal momento che esso si limita a trasferire nella legge-delega l’impegno formalmente assunto dalle stesse forze di maggioranza e dal Governo nella “premessa” che un mese e mezzo fa aggiungemmo al decreto Poletti sui contratti a termine, senza modificarne una virgola. Quell’impegno si articolava in tre punti: emanazione di un “testo unico semplificato delle norme in materia di rapporti di lavoro”; previsione nel testo unico del “contratto a tempo indeterminato a protezione crescente”; “senza alterazione dell’articolazione attuale dei tipi contrattuali” (articolo 1, comma 1, del decreto n. 34/2014). Quest’ultima espressione significa in modo tecnicamente molto preciso che il “contratto a protezione crescente” non costituisce né il “contratto unico” che sostituisce tutti gli altri tipi di rapporto di lavoro, né l’ennesimo nuovo tipo di rapporto di lavoro che si aggiunge ai precedenti: esso non è altro che il contratto ordinario a tempo indeterminato, ma regolato in modo meno rigido, con una garanzia di stabilità minima all’inizio del rapporto e via via crescente con il crescere dell’anzianità di servizio della persona interessata. Osservo in proposito che si tratta di un emendamento “a maglie molto larghe”, cioè che lascia ampia discrezionalità al Governo circa il modello di “protezione crescente” da adottare. E questa ampia discrezionalità è lasciata a un Governo il cui presidente e il cui ministro del Lavoro sono entrambi espressione del PD. Se dunque il PD dovesse rifiutare questo emendamento, ciò costituirebbe un segnale molto preoccupante di scollatura tra il PD e i suoi stessi esponenti nella compagine governativa. Per di più su di una questione di importanza cruciale per la strategia europea enunciata in Parlamento dallo stesso premier Renzi nei giorni scorsi: perché qui il dissenso riguarda due punti cruciali del Jobs Act annunciato da Renzi fin dal 7 gennaio di quest’anno, poi di nuovo a metà marzo: il Codice semplificato del lavoro e il contratto di lavoro a tempo indeterminato a protezione crescente, oggetto di ripetute raccomandazioni rivolteci in questi ultimi anni dai vertici dell’Unione Europea e ultimamente anche dal Fondo Monetario Internazionale.

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